Harlan Draka

Prete/Trasformista/Vampiro

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    The+hidden+secret
    SCHEDA DEL PERSONAGGIO
    Nome del personaggio
    Harlan Draka
    Professione
    Prete/Trasformista/Vampiro
    Punti salute
    24/5
    Punti Esperienza
    0/0
    Punti sanità
    105/77
    Tiro fortuna
    105
    Tiro idea
    85
    Tiro conoscenza
    90
    Sesso
    Uomo
    Età
    40
    Altezza
    180 cm

    Forza14
    Costituzione15
    Mana13
    Destrezza15
    Carisma11
    Taglia9
    Intelligenza9
    Educazione10
    iqj5dwHarlan Draka

    Equipaggiamento
    Zippo
    Veicolo
    Nessuno
    Libri dei miti
    Nessuno
    Quest
    Denti - Il Duomo di Gaeta - Il Cimitero
    Metamorfosi - La Vecchia Vetreria
    BACKGROUND
    Fin dall'infanzia, Etienne ha costruito se stesso per affrontare l'urto della vita a proteggere la propria personalità introversa e sensibile. Il risultato: un ragazzo che ha spalle larghe e che ha vissuto tra la gente e sperimentato senza troppi tormenti la vita nei quartieri poveri di un paesino portuale della Bretagna. E' nato a St. Malò in un freddo inverno, quando le mareggiate imperversavano sulla murata del porto e gli schizzi salmastri si riversavano sulle bislacche abitazioni scolorite. Si innamorò presto Etienne. Margot era tutto per lui, il suo modo girava attorno a lei e non importava nulla di quanto squallido fosse il clima Bretone o quanto vento soffiasse sui loro volti.. purché lei sorridesse. L'incidente fù un duro colpo per Etienne. Qualcosa di così spaventoso da non essere comprensibile o descrivibile con semplici parole.. soltanto il silenzio si avvicinava a Etienne in quei giorni bui. Incominciò a bere e poi ad alzarsi al mattino con pensieri differenti, alleggeriti soltanto da un dolore che imperversava furibondo nella sua testa. "potrei farla finita" incominciò a meditare con calma un giorno – "potrei farlo sparandomi un colpo in testa.. dovrei procurarmi una rivoltella.." pensava un'altro giorno. Non dava peso a quei pensieri, li accarezzava come si accarezza un fiore, con spensierata delicatezza. Non c'era più nulla, e da quel momento, cambiò tutta la sua vita. I pensieri lo annebbiavano invece che risollevarlo e l'alcol non faceva che prestargli la mano per poi togliergliela di scatto nel momento del bisogno. Un amico tutt'altro che fedele. Arrivò l'obbligo del servizio di leva e quando si trovò a Caen, tra tutti quei ragazzi vestiti da soldato, si sentiva il solo a non aver nulla da perdere. La vita era poco più che un fastidioso compito da svolgere e nonostante la sua mente avesse rimosso lentamente le sfumature più dolorose dei vecchi ricordi, per paura più che per necessità, serviva qualcosa per dare una svolta, un cambiamento. Durante i giorni nell'esercito era solito andare a passare le serate nel locale che tutti i commilitoni frequentavano assiduamente durante i periodi di congedo. Si trovava spesso nei guai, tra risse e dibattiti campanilistici tra persone di differenti provenienze, prostitute, e alcolizzati cronici le vicende di violenza quotidiana imperversavano nella sua vita obnubilando di nuovo la direzione degli eventi come avrebbe voluto che si manifestasse. Una sera, durante una scaramuccia, fuggi dall'Le Chat Malò per andare a fumarsi un sigaro su di una balla di fieno nel campo che costeggiava la strada. Mentre il vento forte e salmastro del Nord gli spostava i capelli agitandoli confusamente, si portò un cerino davanti agli occhi coprendolo accuratamente con l'altra mano. Due tiri rapidi e consumati e la brace si ravvivò nel buio rilasciando immediatamente quel piacevole e familiare profumo di tabacco turco. Le vacche Normanne si erano ormai ritirate da un pezzo nella loro malga lasciando che l'ampia vallata, rischiarata dalla luna, potesse ricordargli con le sue movenze collinari, il suo mare d'estate. Fissando l'orizzonte si dilungò nel pensare quale sarebbe stato il suo futuro. Improvvisamente una piccolissima luce si accese rivelando una costruzione in lontananza che non aveva notato. Decise di fare due passi e ritrovò il piacere di farlo scalzo, immaginandosi che quell'erba fredda fosse la sua sabbia e che quella luna potesse avere lo sguardo sorridente di Margot. Pochi minuti e si ritrovò lontano dal campo militare, alle soglie di quella che sembrava una proprietà privata. Qualcosa però attirò la sua attenzione. Tutto calmo, troppo calmo. Tutto spoglio, troppo spoglio. La casa infatti non aveva vie d'accesso come stradelli, sentieri o terreni battuti. Sembrava una casa come quelle delle fiabe, abbandonate la, al limitare del bosco pronte ad accoglierti nel loro mondo di fiabesca magia. Incuriosito fece un giro intorno alla dimora e notò che neppure le stalle erano presenti, ne un pozzo o un deposito. Intorno a Caen erano tutti agricoltori o per o più allevatori e questa casa non sembrava appartenere a nessuno. Non c'era un nome sulla staccionata ad identificare una famiglia, non c'era nulla esternamente che potesse farla apparire abitata. Eppure una luce si era accesa e da un comignolo laterale di latta, fuoriuscivano nuvolette opacizzate di volutte vaporose. La luce era ferma, stabile. Se qualcuno si fosse trovato vicino alla lanterna ad olio, il minimo movimento l'avrebbe fatta traballare. Si avvicinò lentamente per curiosare all'interno. Scavalcò la staccionata e si appoggiò qualche passo dopo contro la fiancata della casa sporgendosi per sbirciare con discrezione. Il sigaro in mano, basso. Lo stupore gli fece sgranare gli occhi mentre osservava l'illuminazione interna. Alcuni strani macchinari erano collegati con una stufa centrale in ghisa. Diverse ghiere in ottone incorniciavano dispositivi di misura a lancetta che si muovevano all'unisono con lo sbuffare di sfiati di vapore. Tutta la camera era illuminata e uno studiolo pieno di arnesi era ricoperto di carte piene di calcoli e soluzioni liquide e gassose in provetta. Ritrasse di scatto il volto pensando di essersi messo nei guai quando riconobbe una targhetta sulla giacca appesa ad un appenditoio d'ottone. Col. Vernière.
    Il colonnello era una persona estremamente rispettata e influente in città. Un'autentica leggenda al campo. Molti parlavano di lui come un veterano delle esplorazioni. Africa, Tibet, Sud America, Polinesia Francese, Martinica e Indie Occidentali, non c'era luogo al mondo che lui non avesse esplorato si diceva. Ovviamente si trattava soltanto di dicerie. Non aveva mai creduto che una sola persona avesse potuto visitare tutti quei luoghi così lontani tra di loro. Ma quella giacca significava qualcosa di molto serio. Quella casa era proprietà dell'esercito con molta probabilità e se lo avessero trovato li un po bevuto si sarebbe ficcato nei guai. Odiava i guai. Tutta quella burocrazia, tutte quelle urla e quelle idiozie..
    Si dileguò senza fare troppo rumore e lasciandosi alle spalle la tenuta del Colonnello. Si allontanò di corsa verso la strada affannosamente, percorrendo il tratto che costeggiava il bosco per essere coperto dalle fronde degli alberi laddove il chiarore lunare non poteva arrivare. Giunto alla strada, un brivido gli percorse la schiena. Portandosi la mano alla bocca nel gesto meccanico del fumatore, si rese conto di aver perduto il mozzicone.
    Non dormì quella notte. Rimuginava continuamente a ciò che aveva veduto. Era qualcosa che lo attirava morbosamente. Una volta suo zio, un veterano delle guerre d'Africa, gli aveva raccontato come qualunque cosa, qualunque nuova scoperta o tecnologia all'avanguardia, sia prima ad appannaggio delle forze militari che considerano soltanto una volta obsolete di condividerle con il resto della gente. Di cosa si trattava? Non aveva mai visto nulla del genere, ma se era il Colonnello a gestire quella cosa in una casa vicino alla base, era qualcosa di strettamente riservato. Decise di girare pagina, di fingere di non aver mai visto nulla ma presto i guai tanto evitati arrivarono come vecchi nemici a riscuotere il loro debito. La conferma era giunta quando una mattina si trovò nel portacenere di fianco alla sua branda.. il suo portacenere.. due mozziconi della stessa marca che amava. Uno era bagnato, umido come se avesse passato una notte su di un prato in Normandia. Una scossa gli risalì la schiena. Comprese subito di cosa si trattava. Non accendeva mai due sigari alla volta, con quello che costavano. Fece la borsa con le sue cose, non dimenticando il proprio temperino e la sua rivoltella d'ordinanza. Quella stessa notte fuggì dalla base, da Caen e dalla Francia. Preferiva essere un disertore che andare in contro alle leggende che pervadevano la figura del Colonnello. Attraversò La Manica sganciando una mancia ad un marinaio sul traghetto per non farsi registrare. Arrivò a Londra l'indomani stanco morto ma di nuovo libero. Era un disertore e un clandestino ora con pochi soldi in tasca e un passato che lo tormentava e lo incuriosiva al tempo stesso.

    Trovò rapidamente lavoro come scaricatore ai Docks dove affittò un appartamento in condivisione con un ragazzo indiano di nome Vahasni Muasana e grazie al suo carattere socievole cominciò a farsi diversi amici nell'ambiente di Whitechapel. Col tempo il suo talento per la carpenteria navale venne apprezzato da un armatore, tale Mason Crosby, che gli propose un contratto migliore col quale sfruttare le sue doti. Tutti lo continuavano a chiamare "mangia rane" – ma grazie al suo incrollabile falso umore, grazie alla sua maschera perfezionata fin da bambino, Etienne riusciva comunque a riderci sopra e a conquistare le persone che allacciavano legami con lui. Nessuno avrebbe mai potuto immaginare come fosse il vero Etienne. Il suo profondo malessere interiore lo portò presto a fare di uno stupido divertimento un autentico vizio. Nelle notti solitarie di Londra, Etienne aveva preso l'abitudine di fare uso di farmaci per quella che alcuni medici gli avevano prescritto come una "forma rara di annichilimento dell'umore". Le prognosi psicologiche non erano il pezzo forte dei medici inglesi che tendevano a liquidare tutti con soluzioni "appropriate", anche se il termine corretto sarebbe stato drastiche. Da lì, la sua frequentazione con gli ambienti meno raccomandabili dei Docks per procurarsi prima il Laudano e poi, più recentemente qualcosa che lo faceva sentire ancora meglio che tra le nuvole; spaesato, lontano, assente. L'oppio.


    Edited by Sandro Kan - 1/6/2015, 15:48
     
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    il vampiro provò a mordere la carne del corpulento professore, ma proprio nell'attimo in cui i suoi canini affondavano nell'adipe del grasso collo, un forte boato, l'onda d'uro, mille schegge appuntite e tutto crollò in una cacofonia di dolore e suoni metallici, poi fu la PACE...
     
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